Forse, per salvarsi dall’inesorabile passare del tempo, bisognerà solo modificare un gene che regola il ritmo circadiano del nostro corpo. Un nuovo studio suggerisce infatti come l'invecchaimento sia collegato a un gene di cui finora si ipotizzava soltanto l'intervento nell'orologio interno dell'uomo.
Capelli bianchi, mani e faccia raggrinzita, spalle ricurve.
Così oggi si riconosce una persona anziana. Ma un giorno
potrebbe non essere più così.
Prima o poi succede: la pelle diventa rugosa, i capelli si incanutiscono o si diradano, per non parlare del lento deterioramento dei muscoli e delle ossa. Ma l’invecchiamento dovuto al naturale logoramento del fisico e dei tessuti forse potrebbe non essere così inevitabile se, come sospettano alcuni scienziati statunitensi, è davvero regolato da un gene.
L’orologio interno che ci regola
Secondo alcuni ricercatori del Lerner Research Institute di Cleveland alla base dell’invecchiamento, infatti, ci sarebbe un gene, già collegato al ritmo circadiano – che regola le nostre funzioni (soprattutto il sonno e la veglia) in base all'alternarsi del giorno e della notte.
Era già stato notato che i topolini che mancavano di questo gene, il BMAL1, che funziona da “orologio” interno, avevano un’attività irregolare, giocando sulla ruota in momenti della giornata diversi dai loro compagni “normali” e che invecchiavano anche molto prima.
Invecchiati precocemente
Per comprendere a fondo il fenomeno i ricercatori hanno osservato dei topolini, alcuni con e altri senza gene.
A sole 18 settimane, i topolini mancanti del BMAL1, hanno cominciato a perdere il pelo e ad avere problemi di cateratte agli occhi, proprio come succede agli esseri umani invecchiando. Ma non solo: gli organi principali milza, reni, cuore, polmoni e testicoli hanno cominciato a rimpicciolirsi prematuramente. E gli sfortunati hanno perso velocemente anche una buona quantità di grassi e massa muscolare.
Sintomo tangibile dell’invecchiamento, per gli esperti, è stato l’aumento dal 10 al 50 per cento della concentrazione di una dannosa miscela di ossigeno e nitrogeno nei tessuti.
Insomma, nonostante i topi fossero coetanei, quelli mancanti del gene dimostravano un’età molto più avanzata dei loro compagni “integri”.
Se lo studio venisse confermato da altre più approfondite ricerche, modificare il gene BMAL1 un giorno potrebbe forse essere utile per ritardare gli effetti dell’invecchiamento.
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