Concorso pubblico - segni di riconoscimento del compito

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cicolex
00martedì 13 gennaio 2004 10:25
Tar per l’Abruzzo – Sezione di L’Aquila – sentenza 30 aprile - 9 giugno 2003, n. 339

Fatto

Con ricorso notificato in data 8 giugno 2000 e depositato il 14 giugno successivo la sig.ra Antonella De Luca impugnava la suindicata determinazione di annullamento della prova scritta nel concorso ordinario per esami e per titoli nella scuola materna per segni di riconoscimento riscontrati nell’elaborato e ne chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per violazione o falsa applicazione della normativa di riferimento, carenza dei presupposti, travisamento, illegittima espansione del potere discrezionale, inidoneità della motivazione, eccesso di potere, in quanto i segni riscontrati nel suo elaborato e ritenuti dalla commissione segni di riconoscimento sarebbero del tutto irrilevanti e insieme inidonei al riconoscimento.

Resisteva al ricorso l’amministrazione intimata, che ne chiedeva il rigetto in una con la richiesta misura cautelare.

Con ordinanza collegiale 278/00 il Tribunale accoglieva la domanda incidentale di sospensione, ai fini dell’ammissione con riserva.

Chiamato una prima volta all’udienza del 27 novembre 2002 e trattenuto in decisione, il Collegio, anche ai fini di verificare l’attuale interesse alla decisione, riteneva necessario accertare presso l’amministrazione resistente (che avrebbe riferito con apposita nota di chiarimenti) se e quali determinazioni fossero state adottate e quale sviluppo avesse avuto per la ricorrente la controversa procedura concorsuale (a seguito dell’ordinanza collegiale 278/00 di accoglimento della domanda di sospensione).

Eseguito l’incombente istruttorio -- (l’amministrazione ha comunicato che la ricorrente, ammessa con riserva, ha superato la prova orale e, con riserva, è stata inclusa nell’elenco provinciale degli abilitati e nell’elenco finale dei candidati che hanno partecipato al concorso sia per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento che per l’accesso ai ruoli del personale docente di scuola materna) -- il ricorso si ripresenta per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso – (che pretende l’annullamento della determinazione con la quale la commissione giudicatrice ha annullato la prova scritta della ricorrente per segni di riconoscimento riscontrati nell’elaborato) – è fondato e va accolto.

Secondo l’insegnamento giurisprudenziale costante (e la ricorrente puntualmente lo ricorda nell’ambito delle censure dedotte) la ratio della norma che vieta l’apposizione di “contrassegni” (cioè di segni di riconoscimento) negli elaborati scritti di un concorso pubblico è quella di garantire l’anonimato dell’elaborato, a salvaguardia della par condicio tra i candidati per cui ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui particolarmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione; il che ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato scritto (Consiglio di Stato, sezione quinta, 1208/99 – nella fattispecie ivi esaminata il candidato aveva scritto otto righe dell’elaborato in caratteri dell’alfabeto greco). Costante è anche l’orientamento giurisprudenziale secondo cui nelle procedure concorsuali la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, benché essenziale, non può essere intesa in modo tanto assoluto e tassativo da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento, perché, se così non fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, benché il relativo elaborato sia formalmente anonimo; pertanto la regola dell’anonimato va intesa nel senso che non deve esserci nell’elaborato alcun segno oggettivamente suscettibile di riconoscibilità , si da far pensare ad una eventuale collusione fra il candidato e la commissione o un membro di essa, con la conseguenza che il rispetto della regola deve ritenersi assicurato ove non sia possibile attribuire con certezza la paternità dell’elaborato scritto ad un certo candidato (Consiglio di Stato, sezione quarta, 743/90).

Alla stregua delle enunciazioni giurisprudenziali sopra richiamate, che il Collegio condivide, si può ragionevolmente escludere che i segni riscontrati nella prova scritta della ricorrente -- (prescindendo da concezioni rigorosamente formalistiche, che in teoria sembrano offrire maggiori garanzie di imparzialità, ma concretamente finiscono spesso per essere in molti casi ingiustamente e ingiustificatamente penalizzanti: cfr. Tar Sicilia, Catania, sezione terza, 306/93) – siano da considerare idonei segni di riconoscimento da comportare l’annullamento della prova; ciò si dice anzitutto per le cancellature o i segni di matita presenti nel foglio di brutta, le une (cancellature) largamente frequenti per comune esperienza nei fogli di brutta (nella fattispecie peraltro nemmeno particolarmente consistenti); gli altri (segni di matita), peraltro scarsamente visibili, che possono essere considerati annotazioni provvisorie di pensiero successivamente confermate a penna; ma vale anche per i segni presenti in una pagine della brutta (che la commissione ha indicato come “fiorellini-cerchio”, ritenendoli segni di riconoscimento) che verosimilmente sono numeri cancellati (e con la cancellatura hanno assunto la forma di un pallino pieno) in un primo momento destinati a indicare (come si espone in ricorso) la sequenza di lettura di un periodo, successivamente abbandonato.

Il che è sufficiente per accogliere il ricorso, annullando l’atto impugnato.

Le spese seguono la soccombenza nella liquidazione che se ne fa in dispositivo.

PQM

Il Tar per l’Abruzzo - L’Aquila, definitivamente pronunciando sul ricorso sopra indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Condanna l’amministrazione resistente a rifondere alla ricorrente le spese e gli onorari del giudizio, che liquida nella somma complessiva di € 1.000, 00 (mille euro).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Antosenior
00martedì 13 gennaio 2004 15:32
GIURISDIZIONI DI MERITO - Concorsi: cancellature, segni di matita e "fiorellini" non sono segni di riconoscimento del compito

di Massimiliano Alesio

Non costituiscono idonei segni di riconoscimento, tali da comportare l'annullamento della prova, le cancellature ed i segni di matita presenti nel foglio di brutta. Infatti, le cancellature sono largamente frequenti, per comune esperienza nei fogli di brutta, mentre i segni di matita ben possono essere considerati annotazioni provvisorie di pensiero, successivamente confermate a penna. Parimenti, non viola la regola dell'anonimato l'apposizione di "fiorellini-cerchio", che verosimilmente sono numeri cancellati, in un primo momento destinati ad indicare la sequenza di lettura di un periodo, poi abbandonato. È quanto affermato da una recente sentenza del Tar Abruzzo, sezione L'Aquila 339/03 (qui leggibile nei documenti correlati).
La pronuncia in commento offre il suo valido contributo all'ampia casistica giurisprudenziale, diretta ad individuare i cosiddetti "segni di riconoscimento". Com'è noto, nei pubblici concorsi, vige la regola dell'anonimato degli elaboratori scritti, i quali non devono presentare alcun contrassegno idoneo a consentire l'identificazione dei candidati, a tutela dell'imparzialità e della par condicio. La casistica giurisprudenziale è indubbiamente importante, in quanto ausilia la Commissione d'esame ad individuare le violazioni alla predetta regola. Tuttavia, un vero esame critico dell'istituto impone, come vedremo, una riflessione di fondo sul concetto di "oggettiva idoneità al riconoscimento", quale parametro individuato dalla giurisprudenza.

LA VICENDA
La Signora De Luca Antonella partecipò al concorso per l'abilitazione all'insegnamento e per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna. La sua prova scritta venne annullata, in quanto la Commissione ritenne di essere in presenza di segni di riconoscimento. Precisamente, i segni consistevano in cancellature e segni di matita presenti nel foglio di brutta, e nell'apposizione di taluni "fiorellini-cerchio". Avverso l'annullamento e l'esclusione dal concorso, venne proposto ricorso al Tar Abruzzo, sezione l'Aquila. Il Tar, con l'ordinanza collegiale n. 278 del 05/07/2000, dispose la sospensione cautelare, ai fini dell'ammissione con riserva.
A questo punto, l'Amministrazione comunicò che la ricorrente, ammessa con riserva, aveva superato la prova orale, per cui, sempre con riserva, era stata inclusa nell'elenco provinciale degli abilitati e nell'elenco finale dei candidati, partecipanti al concorso, sia per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento, che per l'accesso ai ruoli del personale docente di scuola materna.
Il Tar Abruzzo, con la sentenza in commento, offre, innanzitutto, un quadro preliminare della giurisprudenza in materia, evidenziando che ciò che rileva, ai fini della riconoscibilità, è il carattere di oggettiva ed incontestabile anomalia del segno. Dunque, non interessa che la commissione di concorso riconosca concretamente il candidato, ma occorre un'obiettiva idoneità del segno a consentire l'identificazione. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, i giudici abruzzesi ritengono di non essere in presenza di un segno di riconoscimento. Infatti, per quanto concerne le cancellature ed i segni di matita, presenti nei fogli di brutta, si sostiene che si tratta di segni normalmente e largamente frequenti, per comune esperienza, negli elaborati dei pubblici concorsi. Relativamente ai segni di matita, viene evidenziato anche la loro scarsa visibilità, che li fa apparire come momentanee e provvisorie annotazioni, in vista di una successiva conferma con penna. Infine, per quanto concerne la presenza di taluni fiorellini-cerchio, si ritiene che i medesimi costituiscano nient'altro che dei numeri cancellati, destinati in un primo momento ad indicare la sequenza di lettura di un periodo, successivamente abbandonato. Si rileva che, probabilmente, proprio con la cancellatura hanno assunto la forma di un pallino pieno. Conclusivamente, il TAR accoglie il ricorso, disponendo l'annullamento dell'atto di esclusione dalla procedura concorsuale.

LA REGOLA DELL'ANONIMATO NEI PUBBLICI CONCORSI
Il fondamento normativo della regola dell'anonimato nei pubblici concorsi può, agevolmente, essere rinvenuto nell'art. 14, comma 2, del D.P.R. n. 487/1994 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi).
Tale norma prevede espressamente che il candidato, dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno, collochi i fogli relativi agli elaborati, nella busta grande. La norma trova applicazione in tutti i concorsi banditi da qualsiasi Pa.
Invero, la regola dell'anonimato costituisce un principio generale, avente vigenza ed applicazione indipendentemente da una precisa consacrazione formale. Infatti, la giurisprudenza afferma che si tratta di un principio generale, che non abbisogna di specifico richiamo nel bando di concorso (TAR Sicilia, sez. Catania. N. 1.479 del 22/08/2001). Tale sua forza deve essere ricollegata alla semplice considerazione che la regola dell'anonimato si pone come presidio di tutela dell'imparzialità, della trasparenza e della par condicio.
Tutela dell'imparzialità, in quanto, impedendo il riconoscimento, assicura una valutazione imparziale dei candidati. Tutela della trasparenza, in quanto, evita il pericoloso formarsi di eventuali forme di collusione, in danno di una valutazione neutrale. Tutela della par condicio, in quanto pone tutti i candidati nelle medesime condizioni e posizioni, non consentendo, surrettiziamente, privilegi. In altri termini, la regola garantisce l'egual trattamento in favore degli aspiranti al posto in concorso, assicurando piena tutela al loro interesse legittimo ad una procedura concorsuale imparziale.
Come deve essere interpretata la regola dell'anonimato ?
La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che nelle procedure concorsuali, la regola dell'anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto tassativo ed assoluto da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sussista un'astratta possibilità di riconoscimento, perché se così fosse sarebbe impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori che un commissario sia in condizioni di riconoscere una particolare modalità di stesura. Al fine di affermare la riconoscibilità e quindi l'invalidità della prova scritta, è necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile l'elaborato (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5.132 del 01/10/2001; ex multis: CdS, Sez. V, n. 5.098 del 26/09/2000).
Più puntualmente, è stata richiamata l'estrema importanza, al fine della individuazione dei segni di riconoscimento, del necessario esame delle circostanze che, nel singolo caso concreto, possono escludere ovvero confermare la buona fede del candidato, che normalmente deve presumersi. Non tutti i segni particolari apposti su un elaborato concorsuale sono vietati, ma solo quelli che consentono oggettivamente di attribuire con certezza la paternità dell' elaborato stesso ad un candidato (TAR Friuli Venezia Giulia, n. 318 del 31/05/2001).
Dunque, affinché si possa dire di essere in presenza di un vero segno di riconoscimento, occorre che il segno specifico si appalesi oggettivamente idoneo a consentire il riconoscimento, in maniera tale da rendere chiara la volontà, dolosa e non colposa, del concorrente di permettere l'individuazione. In altri termini, il segno deve presentare un carattere oggettivamente anomalo rispetto alle ordinarie manifestazione del pensiero in sede di redazione di elaborati scritti nei pubblici concorsi. Bisogna dimostrare, ad avviso della giurisprudenza, che il segno riveli la possibilità di un "collegamento conoscitivo ed oggettivo" fra candidato e commissione, la quale, attraverso di esso può giungere all'identificazione.
Il delicatissimo potere di individuazione dei segni di riconoscimento spetta, ovviamente, alle commissioni di concorso, le quali devono esercitarlo nel rispetto dei compiti e delle attribuzioni proprie, oltre che del principio della par condicio fra i candidati (Tar Sicilia, sezione Catania, 1479/01).
Chiarita la regola dell'anonimato e le chiavi interpretative della medesima, veniamo, ora, alla questione più scottante e sicuramente controversa: l'applicazione della regola da parte della commissione di concorso.

CASISTICA GIURISPRUDENZIALE E RIFLESSIONE SUI PRINCIPI
Un potere così delicato e suscettibile di variegate estrinsecazioni, quale è quello di concreta applicazione della regola dell'anonimato, non poteva non dar luogo ad una ricca casistica giurisprudenziale. Esaminando questa, ci accorgiamo subito come la giurisprudenza, nel condivisibile tentativo di non consentire immotivate ed illegittime esclusioni dai concorsi, ha fornito un'interpretazione sostanzialmente restrittiva della regola, anche in omaggio al principio della massima partecipazione ai concorsi.
Come vedremo, tale nobile intento si presta a critica soprattutto sotto l'aspetto teorico di applicazione di un principio, quello dell'anonimato, che sconta un fragile ed incerto passaggio dalla enunciazione definitoria, anche agevole, alla concreta applicazione, ardua e fonte di insanabili contrasti.
La giurisprudenza ha ritenuto di trovarsi in presenza di segni di riconoscimento nei seguenti casi:
- Apposizione di un preciso orario (ora e minuti), riferito all'uscita ed al rientro dei singoli candidati, nei rispettivi elaborati (Tar Sicilia, sezione Catania 51/1990).
- Inserimento, nell'elaborato scritto, di una indebita giustificazione, consistente nel chiarire l'impossibilità di disegnare, in conseguenza della immobilizzazione di un braccio con un apparecchio gessato (Tar Abruzzo, sezione L'Aquila, 384/91).
- Inosservanza della formalità dell'inclusione della busta piccola, contenente le generalità del candidato, nella busta grande contenente l'elaborato (CdS, sezione V, 579/88).
- Scarso spessore delle buste, contenenti il cartoncino con le generalità dei candidati, idoneo a consentire la lettura in trasparenza (Tar Lazio, sezione I, 2153/86).
- Indebito inserimento di una dicitura (farmacia) fuori dall'apposita etichetta (CdS, sezione IV, 176/83).
- Uso della matita (CdS, sezione VI, 773/83).
- Apposizione delle proprie generalità (Tar Sicilia, sezione I, 234/91).
- Numerazione delle pagine, laddove specifica norma del Regolamento dei concorsi di un Comune preveda tale fattispecie ai fini dell'esclusione (Tar Basilicata, n. 142 del 18/02/2002).
- Utilizzo di una sola facciata per ciascuna pagina, in quanto elemento dissonante dall'id quod plerumque accidit nei pubblici concorsi (Tar Sicilia, 728/95).
- Utilizzo di inchiostro rosso o verde, o di una matita (Tar Piemonte, sezione II, 242/80).
Viceversa, la giurisprudenza ha ritenuto che non si è in presenza di segni di riconoscimento nei seguenti casi:
- Doppia risposta ad una domanda contenuta nel questionario (Tar Abruzzo, sezione Pescara, 680/00).
- Semplice tratto di penna (Tar Campania, sezione Salerno, 1062/01).
- Utilizzo di freccette, dirette invero a rappresentare schematicamente il sistema immunitario in un concorso sanitario (Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, 492/01).
- Presenza simultanea di diversi segni (frasi a stampatello maiuscolo; numerazione avulsa dall'economia della stesura, apposizione della scritta tema in capo all'elaborato, frecce e suddivisioni di periodi) (CdS, sezione V, 5132/01).
- Utilizzo di sole due facciate di ciascuno dei quattro fogli (CdS, Sez. V, n. 5.098 del 26/09/2000).
- Richiesta di fogli aggiuntivi (CdS, Sez. V, n. 1.138 del 13/02/1990; TAR Emilia Romagna, Sez. I Bologna, n. 530 del 10/11/1993).
- Sottolineatura di una frase (Tar Abruzzo, sezione Pescara, 610/92).
- Attribuzione di un nome (Pinco Pallino) ad un ipotetico Sindaco, sottoscrittore di un'ordinanza sindacale da redigere (Tar Lazio, 396/91).
- Lacerazione del foglio, recante il testo di una prova pratica (Tar Sardegna, 526/89).
- Uso della matita (Tar Lazio, 1219/87).
- Apposizione di una piccola croce in fondo all'elaborato scritto (Tar Marche, 33/1995).
- Divisione in paragrafi dell'elaborato scritto (Consiglio di Giustizia amministrativa Sicilia, 144/97).
- Uso del carattere in stampatello maiuscolo (CdS, sezione V, n. 1394/96).
- Apposizione del termine "brutta" (TAR Sardegna, n. 2.070 del 29/11/1994).
La casistica giurisprudenziale ora esposta induce a talune riflessioni di fondo.
In primo luogo, sembra che la giurisprudenza, inizialmente, forniva un'interpretazione ed un'applicazione della regola dell'anonimato alquanto rigorosa. Infatti, le sentenze individuanti i segni di riconoscimento appaiono un po' più datate rispetto alle altre. Conseguentemente, si sarebbe tentati di affermare che, negli ultimi anni, i giudici amministrativi sono approdati ad una interpretazione più liberale.
Sussistono, come visto, alcuni punti di controversia. L'uso delle matite viene, infatti, interpretato in alcuni casi come segno di riconoscimento (CdS, sezione VI, 773/83), in altri casi non si addiviene a tale esito ermeneutico (Tar Lazio, 1219/87).
Gran parte delle soluzioni applicative sono pienamente condivisibili. Tuttavia, permangono alcuni casi dubbi. Relativamente alla numerazione delle pagine ed all'utilizzo di una sola facciata, sembra essere eccessiva la qualificazione di segno di riconoscimento, soprattutto nel primo caso, laddove l'utilizzo di un numero appare normale al fine di porre ordine nella stesura di un lungo elaborato, al di là della previsione regolamentare.
Viceversa, qualche dubbio più consistente può essere sollevato in relazione a talune sentenze, che hanno denegato la natura di segno di riconoscimento. Si intende riferirsi al caso esaminato dalla pronuncia CdS n. 5.132/2001, laddove, in presenza di diversi e non irrilevanti segni di riconoscimento (frasi a stampatello maiuscolo; numerazione avulsa dall'economia della stesura, apposizione della scritta tema in capo all'elaborato, frecce e suddivisioni di periodi), i giudici di appello hanno ritenuto che non si fosse in presenza di una oggettiva anomalia. Invero, le anomalie sono diverse e, quel che più conta, sono contestualmente presenti nel medesimo elaborato. Parimenti, non convince appieno la decisione assunta nel caso dell'utilizzo del carattere stampatello in maiuscolo, in quanto proprio tale carattere non costituisce, almeno sembra, la normale forma di scrittura. Infine, anche l'apposizione di seppur piccole croci sembra, forse, tradire una mala voluntas, diretta a consentire l'identificazione.
Abbiamo già prima detto che la regola dell'anonimato sconta un fragile ed incerto passaggio dalla semplice enunciazione definitoria alla concreta applicazione. Con ciò si vuole dire che è alquanto agevole dire che si è in presenza di un segno di riconoscimento laddove il medesimo abbia un'oggettiva idoneità a consentire l'identificazione; ma in che cosa consiste questa oggettiva idoneità ? Può consistere in un irrituale carattere in stampatello maiuscolo ? Nell'apposizione di una piccola croce ? Può consistere nella contestuale apposizione di diversi fiorellini-cerchio, non completamente ordinari ?
Le risposte a tali domande, sono, come si può ben vedere, molto ardue, se non addirittura impossibili. È facile osservare che ciò che può sembrare "oggettivamente idoneo" ad un commissario, può non sembrare tale ad un altro commissario. In altri termini, la vantata ricerca dell'oggettività si traduce, nella prassi applicativa, in una disarmante soggettività, che pone le commissioni in una situazione di forte imbarazzo, se non di vera e propria "angoscia applicativa".
Orbene, chi può escludere che un membro di commissione ed un candidato si siano preventivamente accordati su di un dato segno, poniamo anche due semplici croci poste ai lati ed in fondo della prima pagina dell'elaborato, il quale può consentire il collegamento identificativo ? In verità, il passaggio dalle enunciazioni teoriche, talora anche elegantemente plausibili, alla prassi concreta, ardua e difficoltosa, apre uno scenario applicativo dominato da una costante incertezza. Forse, è il caso, senza infingimenti di prenderne laicamente atto.







(Tar per l'Abruzzo, Sezione di L'Aquila, sentenza n.339/03; depositata il 9 giugno)

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