Angeli e demoni

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Cattolico_Romano
00martedì 28 luglio 2009 15:17


Angeli e demoni

I tormenti del grande seduttore


di Inos Biffi

Dove c'è Gesù Cristo, là appaiono gli angeli e insieme i demoni. Cerchiamo di cogliere, per quanto possibile, il senso di tale presenza che è quello di manifestare l'assoluta signoria di Cristo e la salvezza universale. Occorre partire dal disegno divino. Secondo la Lettera ai Colossesi, è nel "Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione", che Dio ha creato "tutte le cose nei cieli e sulla terra", "quelle visibili e quelle invisibili:  Troni, Dominazioni, Principati e Potestà" (1, 13-16a).

Non sorprende, allora, che Dio, quando "risuscitò Cristo dai morti", lo abbia fatto "sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione" (Efesini, 1, 20-21). Nulla esiste che non sia sotto la signoria di Gesù. Si è compiuta tuttavia in quello stesso mondo angelico una ribellione, un peccato, che ha meritato il "fuoco eterno" preparato, dice Gesù, "per il diavolo e per i suoi angeli" (Matteo, 25, 41). A noi sfugge ora la modalità di questa ribellione, ma ne sono chiare le conseguenze, tra cui in particolare la comparsa, alla creazione dell'uomo, del diavolo, che appare in azione attivamente come seduttore. Lo riconosce Gesù stesso, quando chiama il diavolo "omicida fin da principio", "menzognero e padre della menzogna" (Giovanni, 8, 44), mentre nella prima Lettera di Giovanni si legge:  "Da principio il diavolo è peccatore" (3, 8). L'Apocalisse, parlando del "grande drago", lo denominerà "serpente antico", "diavolo", "Satana".

Satana è colui che tenta - "Satana vi ha cercati per vagliarvi" (Luca, 22, 31) - e, infatti, il diavolo ha tentato Gesù stesso, nell'intento di distornarlo dal disegno di Dio, ossia dalla croce:  "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. (...) Il tentatore gli si avvicinò" (Matteo, 4, 1. 3).
Il diavolo, dice Gesù, è colui che toglie la parola dal cuore (Luca, 8, 12); che ha messo in cuore a Giuda di tradirlo (Giovanni, 13, 2); egli è Satana che entra nel cuore del traditore (Giovanni, 13, 27). Tra Gesù Cristo e il diavolo esiste una opposizione radicale, che si conclude con la vittoria finale del primo e l'abbattimento del secondo (cfr. Giovanni, 12, 31).

Si comprende perché ancora nella Lettera ai Colossesi è detto che Dio, "avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà", ne ha "fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo" (Colossesi, 2, 15).
Esattamente da questa opposizione radicale possiamo indurre quale sia stata la "giustizia" degli angeli:  quella di aver accolto secondo il disegno divino la signoria di Gesù, il Crocifisso redentore, e, all'opposto, quale sia stato il peccato degli angeli:  quello di aver rigettato la regalità del Risorto da morte, il primato della sua umanità gloriosa. E fu un peccato di invidia, che, rivolta a Gesù Cristo, si venne riversando all'uomo fatto a sua immagine e da lui redento sulla croce.

Abbiamo così il punto discriminante del bene e del male sia per gli angeli sia per gli uomini:  il tipo di relazione con Gesù Cristo. In assoluto:  l'obbedienza a Dio è l'accoglienza di Gesù Cristo, e la disobbedienza è il suo rifiuto. E questo sia per gli esseri "visibili" sia per quelli "invisibili", dal momento che tutti, identicamente, sono stati creati sotto la signoria di Gesù.

Tutto questo diviene constatabile nella storia di Cristo, la cui apparizione è motivo di gioia per gli angeli e di avversione per i demoni, che rivelano nel tempo umano la loro antecedente scelta nei confronti di Cristo.

Non ci meraviglia, allora, il solerte servizio angelico quando appare Gesù. Così, ne preparano la venuta, all'annunciazione; ne informano della nascita i pastori, si occupano di metterlo al riparo da Erode, lo servono nel deserto dopo le tentazioni, lo confortano nell'agonia, ne proclamano la risurrezione, e appaiono dopo l'ascensione. Verrebbe da dire che proprio con l'apparizione di Gesù gli angeli si rendono conto della ragione per cui esistono. Al contrario, si comprende la reazione dei demoni, che invece avvertono in lui la loro sconfitta e il loro "tormento" (Matteo, 9, 29).

L'intento di queste riflessioni è quello di mettere in luce la signoria di Gesù nel mondo "invisibile", la gioia angelica per il suo esserci, e la sconfitta non di una generica "idea" di male, di un male anonimo, ma di colui che da Cristo stesso è chiamato "il principe di questo mondo" (Giovanni, 14, 30) e dei demoni che lo accompagnano (Matteo, 25, 41). E, infatti, la radice dell'esistenza del male è il Maligno; è la volontà perversa sua e di quanti vi consentono; e solo da Gesù Cristo, dalla sua vittoria sulla croce, dalla sua innocenza, possiamo esserne liberati. Egli ha certamente preso parte "alle nostre debolezze" e fu "messo alla prova in ogni cosa come noi", tuttavia "escluso il peccato" (Ebrei, 4, 15).

Ma soprattutto è nostra intenzione porre in rilievo l'universale regalità di Cristo, il suo essere dall'eternità la sostanza del disegno divino, del "mistero" - secondo il linguaggio e la visione paolina - con la conseguenza che il compito specifico della teologia - meglio si potrebbe dire della medesima predicazione del Vangelo - è quello di illustrare, con tutte le conseguenze che ne derivano, questa scelta divina di Gesù "Signore", che sta all'origine di tutte le cose e che unicamente spiega e giustifica tutta la storia.

Senza questo cristocentrismo di cui oggi si va sì parlando, ma con scarso rigore e insufficiente coerenza, non si annuncia la fede e non si fa propriamente una teologia cristiana "originale", ma solo una teologia scialba e prolissa che, se può occupare le cattedre dei non credenti, alla fine, non interessa nessuno. D'altra parte, se manca la fede, la teologia appare "scienza" insensata, priva di fondamento.



(©L'Osservatore Romano - 27-28 luglio 2009)
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